Tra sogno e visione: l’arte di Davide Cocozza e il grido della Terra
Le forme respirano e si muovono. Lo spazio diventa una visione, un palcoscenico in cui siamo immersi. Nel recinto dell’immaginazione e nello zoo della percezione personale, nascono forme come sogni, si generano allucinazioni che reclamano attenzione, visione, ascolto. Ma cos’è la realtà? È ciò che vediamo? Ciò che scegliamo di percepire? O forse ciò che decidiamo di inventare, ogni istante, attraverso gesti e azioni che strappiamo all’indifferenza del tempo?
Questi interrogativi sono il cuore pulsante del lavoro di Davide Cocozza, un artista che esplora il confine sottile tra reale e immaginario, umano e animale, naturale e artificiale. Con “Like a Legend”, Cocozza intreccia le sue visioni a un’intelligenza sintetica, generando opere che evocano un purgatorio oscuro e immersivo, un luogo di riflessione dove gli animali vagano come simboli di un equilibrio perduto.
Arte come denuncia: un purgatorio generato dall’uomo
Le creazioni di Cocozza sono immerse in un’atmosfera profondamente onirica, ma non per questo meno crude nella loro denuncia. Il vuoto e il silenzio, che attraversano le sue opere, non sono semplici suggestioni estetiche: diventano spazi necessari per una redenzione collettiva, per un ripensamento delle nostre responsabilità verso il mondo che ci circonda. “Gli animali sono la metafora di una sopravvivenza possibile, ma fragile,” sembra sussurrare l’artista, e i loro corpi, spesso intrappolati in visioni oscure, ci ricordano l’urgenza di fermarci, di ascoltare, di agire.
Zebre luminose e buoi in fiamme: metafore potenti del disastro ambientale
Cocozza gioca con simboli forti e dirompenti. Le zebre con strisce luminose, che richiamano segnali stradali, ci guidano lungo percorsi smarriti, suggerendo l’importanza di rispettare le strade naturali della vita. I buoi che si incendiano, come monaci in segno di protesta, gridano contro l’indifferenza umana verso le altre specie. Sono immagini potenti, che scuotono e fanno riflettere.
Come scriveva Rachel Carson in Primavera silenziosa: “Siamo parte di un grande tessuto vivente e ogni azione umana lascia un segno su questo equilibrio.” Le opere di Cocozza incarnano questo principio: l’arte diventa un mezzo per denunciare l’assurdità dell’estinzione e della distruzione di ciò che ci circonda.
Un appello attraverso l’arte: l’ecosistema come atto di creazione
Cocozza invita a riflettere non solo sul presente, ma anche su ciò che possiamo costruire. Ogni scelta, ogni azione, ogni gesto creativo può diventare un seme per un futuro diverso. Gli animali nelle sue opere non sono solo vittime, ma anche simboli di resistenza: ci ricordano che la fedeltà all’habitat e l’armonia con l’ambiente sono la chiave per una sopravvivenza condivisa.
“L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è,” scriveva Paul Klee. Nelle opere di Cocozza, questa verità si amplifica: le sue visioni leggendarie sono specchi in cui possiamo scorgere il riflesso del nostro impatto sul mondo, ma anche una via d’uscita, un invito a riscoprire il legame profondo con la natura, con gli altri esseri viventi, con l’essenza stessa della vita.
La leggenda come monito
Le immagini oniriche di “Like a Legend” ci ricordano che la realtà non è solo ciò che vediamo, ma ciò che scegliamo di costruire. Cocozza ci mette di fronte a una scelta: restare spettatori passivi del disastro o agire, trasformare, proteggere.
In un’epoca in cui il consumismo sembra divorare ogni cosa, l’arte di Cocozza ci riporta a una verità semplice e dimenticata: il rispetto per la Terra è il rispetto per noi stessi. Forse, come suggeriscono le sue opere, è proprio nel silenzio che troveremo le risposte, ed è nel vuoto che potremo piantare nuovi semi di speranza.












